Nasce a Bagheria nel dicembre del 1911, ma è denunciato il 2 gennaio 1912. Il padre, agromensore, è un acquarellista dilettante che ama intrattenersi con gli artisti (Domenico Quattrociocchi, ecc.) della cittadina, portandosi dietro il figlio Renato. L’interesse per l’arte si manifesta presto e si consolida durante l’adolescenza, quando il giovane Guttuso frequenta lo studio del futurista Pippo Rizzo e l’ambiente artistico-culturale di Palermo dove, nel 1928, appena diciassettenne, partecipa a una mostra collettiva. Le sue prime prove riflettono l’interesse per il Novecento italiano (Sindacale siciliana, I quadriennale romana). Nel 1934 si distacca dai canoni novecenteschi e opta verso un realismo popolare che sarà poi il tratto distintivo del suo stile. Profondo e incondizionato sarà sempre l’amore dell’artista per la Sicilia, e la sua terra atavica, aspra, bella e complessa quanto mai, sarà per Guttuso una continua fonte d’ispirazione: la Sicilia degli aranceti e la Sicilia degli scempi edilizi del dopoguerra.
In famiglia respira aria di ribellione nei confronti del regime fascista. A Roma conosce Mario Mafai, Mirko, Francesco Trombadori, Afro e Corrado Cagli che, in polemica con la tradizione postimpressionista e le avanguardie, dopo l’avvincente periodo del “realismo magico”, proponeva un “primordialismo” simbolico. Tuttavia una svolta decisiva per la carriera e il pensiero politico di Guttuso si attua con le frequentazioni culturali e artistiche che egli instaura a Milano, dove alla Galleria il Milione (nel 1932 e nel 1934) presenta la sua opera insieme a altri artisti siciliani (Gruppo dei Quattro). Nel capoluogo lombardo egli ha modo di conoscere e frequentare artisti come Birolli, Manzù, Sassu, Fontana e intellettuali come De Grada, Vittorini, Quasimodo, ecc.
Verso la fine degli anni Trenta torna definitivamente a Roma, partecipando attivamente alla vita culturale della capitale e legandosi d’amicizia con Antonello Trombadori, Moravia, Alicata, ecc. Nel 1940 s’iscrive al partito comunista. Sono anni molto fecondi per l’artista che si attiva come critico d’arte per riviste e giornali ed esegue opere significative, come la Fucilazione in campagna dedicata a Garcia Lorca, La fuga dall’Etna che riceverà il Premio Bergamo, che è stato il più importante evento espositivo durante il Ventennio. Nel 1940-41 esegue Crocifissione, opera con la quale intende rappresentare tutti coloro che subiscono oltraggi, galera e violenze per le loro idee, che non coincidono con quelle allora vigenti. Il quadro (che riceve il secondo Premio Bergamo) suscita molteplici polemiche. Nel 1943 lascia Roma per partecipare attivamente alla resistenza. Nel dopoguerra, si reca a Parigi dove salda amicizia con Picasso, mentre in Italia fonda con il gallerista Cairola, Birolli, Vedova e Marchiori il movimento, molto impegnato politicamente, Fronte Nuovo delle Arti per far conoscere le esperienze pittoriche europee oscurate dal fascismo. La sua pittura verte ancora sui grandi temi sociali, interpretati dal popolo, dagli zolfatari, dai contadini che manifestano per occupare le terre incolte. La sua arte neorealista, ispirata alla quotidianità dei lavoratori, è concepita dall’artista per essere capita e fruita dalle classi popolari. Nel frattempo prosegue nell’attività di scenografo e costumista per il teatro che aveva già intrapreso con successo prima della guerra. Nel 1950 ottiene a Varsavia il premio del Consiglio Mondiale per la Pace. E’ sempre presente alle Biennali di Venezia con quadri di grandi dimensioni, che continuano a suscitare dibattiti e clamori. Nel 1956 sposa Mimise Dotti, sua compagna dalla fine degli anni Trenta.
Vive anni di grande successo, sia come critico d’arte per riviste italiane e internazionali, sia come artista. Rinomati musei acquistano suoi dipinti, da prestigiosi enti pubblici gli vengono tributate significative mostre a Londra, New York, Mosca, Amsterdam, Charleroi. Elio Vittorini redige una monografia sull’artista, mentre nel 1963 Roberto Longhi gli presenta a Parma una grande mostra antologica. Nel 1965 Guttuso modella L’edicola, unica sua grande scultura, alta tre metri.
Nel ’66 realizza il ciclo dell’Autobiografia, serie di quadri che verranno presentati in numerosi musei europei. Nel 1971 riceve la Laurea Honoris Causa dall’Università di Palermo, gli sono dedicate due grandi mostre a Palermo e a Parigi. Nel 1972 riceve il Premio Lenin e l’Accademia delle Arti di Mosca gli allestisce un’ampia antologica. Altre mostre si susseguono a Praga, Bratislava, Bucarest, Budapest. Dipinge per l’Università di Palermo il grande quadro La Vuccineria (1974), nel ’76 realizza il Caffè Greco; nel ’78 illustra i Malavoglia di Verga, nel 1980 illustra l’Eneide di Virgilio ed è eletto senatore del PCI nel collegio di Sciacca. Nel 1983 affresca una cappella del Sacromonte di Varese. Nel 1985 sono pubblicati i tre volumi del suo catalogo generale curato da Enrico Crispolti. Continua a dedicarsi all’affresco, decorando il grande soffitto del teatro lirico Vittorio Emanuele di Messina. Guttuso muore nel gennaio 1987, lasciando numerosi dipinti alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, e una ricca e articolata raccolta di opere sue e di altri artisti contemporanei al comune di Bagheria, suo luogo di nascita, che gli intitola il Museo civico. Alla sua morte il figlio adottivo Fabio Carapezza Guttuso fonda gli Archivi Guttuso.
G.B.d.C.
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