Guido nasce a Trieste nel 1885. Nel 1900, grazie a una borsa di studio, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove segue il corso di Decorazione di Augusto Sezanne, pittore in contatto con gli artisti della Secessione, e quello di Figura gestito da Ettore Tito.
Appena ventenne, Marussig è già presente con un dipinto (Ricordo di Venezia) alla Biennale veneziana del 1905, mentre in quella del 1907 espone quattro opere. Salice piangente, dipinto che è collocato nella suggestiva Sala del Sogno, è particolarmente apprezzato dalla critica e dal pubblico.
Per diverse edizioni della Biennale di Venezia (dove l’artista esporrà continuativamente e poi saltuariamente per decenni, la sua ultima partecipazione risale al 1972), Guido presenterà dipinti di andamento pittorico analogo a Salice piangente, in equilibrio tra grande tradizione italiana e apertura al clima internazionale, eleganti composizioni dai tagli singolari di gusto fotografico e dal cromatismo suggestivo. Le sue tele austere e raffinate, sottilmente memori del simbolismo tedesco e della grafica giapponese, assimilati in chiave decorativa, verranno sempre acquistate, trovando collocazione in collezioni pubbliche e private.
A Venezia l’artista, mentre frequenta l’ambiente ufficiale delle biennali con i suoi grandi maestri, è vicino anche al più vivace entourage di Ca’ Pesaro, dove Nino Barbantini – direttore di Ca’ Pesaro e segretario della Fondazione Bevilacqua – e tanti giovani artisti, squattrinati e non ammessi alla biennale, sono sensibilmente aperti alle novità europee ed espongono a Palazzo Bevilacqua La Masa; Guido Marussig si presenta anche alle rassegne capesarine (1908, 1909, 1910, 1912, 1925).
Mostrando il suo eclettismo in arte e anche una grande capacità imprenditoriale nel proporre se stesso e ricevere commissioni lavorative, Guido non solo si dedica alla pittura da cavalletto, ma sperimenta già dal 1908 la xilografia, acquistandone padronanza e originalità (nel 1912 organizza a Levanto la mostra sulla xilografia, partecipandovi personalmente). S’interessa contemporaneamente alle arti applicate, al teatro e alla scenografia, alla decorazione e a progetti architettonici (alla Biennale del 1910 progetta e cura fin nei minimi particolari l’allestimento della Sala della città di Trieste). Esegue illustrazioni per libri e per importanti riviste dell’epoca (collabora con L’Eroica, in seguito manterrà stretti rapporti lavorativi con le riviste La Sorgente e Le vie d’Italia del Touring Club, con Emporium, ecc.). Si occupa di pubblicità, di disign e di cartellonismo; nel 1909 progetta il manifesto della prima esposizione di Ca’ Pesaro, assai criticato, specialmente da Antonio Fradaletto, Segretario della Biennale.
Sul finire del 1916 si trasferisce a Milano, città che gli offre maggiori opportunità di lavoro, anche a livello didattico. Lì intensifica l’attività professionale, partecipando a mostre collettive organizzate dalla Galleria Pesaro e accettando incarichi come illustratore di riviste; per il Teatro alla Scala, progetta le copertine di libretti di opere e l’allestimento scenico dell’opera lirica La Nave, tratta dalla tragedia di Gabriele D’Annunzio. Con il Vate si lega d’amicizia, e per lui lavorerà in più settori artistici (trasposizione cinematografica de La Nave, illustrazioni di libri, ideazione di medaglie, emblemi, stemma nobiliare, di oggetti artistici e di decorazioni per il Vittoriale, la dimora di D’Annunzio a Gardone).
Il 1918 è l’anno che dà inizio all’attività didattica di Marussig: insegna alla Scuola del libro dell’Umanitaria (dal 1918 al 1937); Insegnerà anche all’Istituto d’Arte Toschi a Parma (dal 1925 al 1939); sarà commissario d’esame all’Accademia di Brera e di altri importanti istituti d’arte lombardi, infine insegnerà Ornato e Disegno al Regio Liceo Artistico di Brera.
Negli anni successivi e poi nei decenni a seguire, oltre a sostenere l’attività didattica, Marussig continua a lavorare come illustratore di un sempre più ampio numero d’importanti riviste, presenta con regolarità le sue composizioni alle biennali e ad altre esposizioni nazionali, assume incarichi per progetti e decorazioni edilizie private e pubbliche che culmineranno, alla fine degli anni Trenta, con due importanti commesse per il Comune di Milano: il mosaico Giustizia che entra in aula eseguito per il Palazzo di Giustizia e la vetrata della chiesa dell’Ospedale Niguarda.
Nel 1956 l’artista cessa l’attività d’insegnamento per raggiunti limiti di età, ma diventa accademico onorario per la classe di pittura dell’Accademia di Firenze, spesso è richiesto come membro di giuria di concorsi artistici e continua a esprimersi in pittura con opere asciutte e geometriche dalle atmosfere metafisiche. Morirà nel dicembre del 1972 a Gorizia.
Testi: G.B.d.C.
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