Figlio di Vincenzo Abbati, pittore d’interni napoletano, segue la famiglia prima a Firenze, nel 1842, poi Venezia dove vive dal 1846 al 1858. Dopo un iniziale apprendistato con il padre, dal 1850 Giuseppe studia all’Accademia, con la guida dei maestri Grigoletti e Bagnara. A Venezia conosce e frequenta Stefano Ussi, Domenico Morelli, Vito D’Ancona e Telemaco Signorini, in città per un soggiorno di studio. Nel 1858 Abbati è nuovamente a Napoli, dove l’anno successivo espone alla mostra del Reale Museo Borbonico il dipinto “La Cappella di San Tommaso d’Aquino in San Domenico Maggiore”.
Nel 1860 si unisce alla Spedizione dei Mille e, durante una battaglia, perde un occhio. Alla fine dello stesso anno si trasferisce a Firenze, dove ritrova Signorini e D’Ancona che lo introducono all’ambiente del Caffè Michelangelo, centro propulsore del movimento macchiaiolo, frequentato da pittori quali Vincenzo Cabianca, Odoardo Borrani, Serafino De Tivoli e animato dal critico, collezionista e mecenate Diego Martelli. Abbati stringe intime amicizie ed avvia un limpido ed intenso percorso artistico, destinato tuttavia a concludersi pochi anni dopo, che permette di annoverarlo tra i migliori pittori dell’Ottocento italiano. Esegue, in quel periodo, studi degli interni delle chiese fiorentine di San Miniato e Santa Croce, trascorre i mesi estivi del 1861 a Castiglioncello, ospite di Diego Martelli insieme a Signorini e, probabilmente alla fine dello stesso anno, dipinge “Il chiostro di Santa Croce”.
La sua attività espositiva, tra 1862 e 1864, è costante: nel 1863, alle Promotrici di Torino e di Firenze, espone opere eseguite “en plein air”, come “Dintorni di Firenze”, “Ulivi del Monte alle Croci”, “Motivo presso Castiglioncello”; nel 1864, a Brera, presenta “Il lattaio di Piagentina”. Durante il medesimo anno esegue diversi studi dal vero del Camposanto di Pisa e trascorre l’estate a Castiglioncello, nuovamente ospite di Martelli, con il quale condivide, a conferma di una stretta amicizia, l’appartamento fiorentino di via della Sprone sostituito, nel 1865, da una casa fuori porta San Gallo, in comune anche con Zandomeneghi, appena arrivato da Venezia. Allo stesso periodo risale il bel “Ritratto di Teresa Fabbrini”, e il “Monaco al coro”, inviato alla Promotrice di Napoli e acquistato, in seguito, dal Museo di Capodimonte.
Intanto la passione politica non viene meno. Partecipa nel 1866 alla III Guerra d’Indipendenza, viene fatto prigioniero nella battaglia di Custoza e internato in Croazia. Rientrato a Firenze nel dicembre del 1866, si trasferisce a Castelnuovo di Misericordia, nell’entroterra livornese, dove dipinge felicemente, invia opere a diverse esposizioni e, poco dopo, tramite Martelli, conosce Giovanni Fattori, che ne apprezza il lavoro. Nel dicembre 1867, Abbati viene morso dal proprio cane Cennino, si ammala di idrofobia e muore due mesi più tardi all’ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze.
Testi: Gioela Massagli
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