Rimasto orfano di padre a soli sei anni, viene affidato ad una famiglia contadina residente all’Ardenza, in provincia di Livorno; questo soggiorno in campagna fa nascere in lui l’amore per la natura e gli animali. Da ragazzo è costretto a lavorare per mantenersi e, malgrado la sua passione per il disegno, non può permettersi di frequentare scuole di pittura. Trova comunque il tempo per disegnare ovunque gli capiti, sempre e costantemente. Non esistendo ancora la tecnica fotografica, Giovanni realizza i ritratti definiti a “sfumino” per persone defunte, usanza in voga per ritrarre la persona mancata. Pur non avendo avuto maestri, negli anni venti si reca presso lo studio del pittore Adolfo Tommasi per avere un’opinione circa un insieme di disegni. Tommasi si esprime molto favorevolmente e lo esorta a perseverare nella sua passione.
Nel 1921 si sposa con Caterina del Nero, dalla quale ebbe un unico figlio, Federigo, e nello stesso anno espone per la prima volta a Firenze. Successivamente partecipa alle varie edizioni delle Biennali di Brera, alla Promotrice di Torino e alle “Mostre Marinare” di Roma. Per potersi dedicare alla pittura dal vero parte per numerosi viaggi, soprattutto nelle città dove si svolgevano le sue mostre personali. Questo periodo è abbastanza sereno per Lomi, può mantenersi con la sua pittura e contemporaneamente stare vicino alla sua famiglia. Terminata la seconda guerra mondiale, negli anni cinquanta, Giovanni riprende a viaggiare: lo troviamo a Parigi dove dipinge lungo la Senna, a Barcellona, a Roma e a Trieste, città che gli è particolarmente cara e dove non manca mai di ritornare periodicamente.
La sua formazione da autodidatta priva di qualsiasi orientamento scolastico rende il suo stile inconfondibile: centinaia di disegni, studi dal vero e appunti, sono l’enorme archivio grafico che precedeva sempre la stesura sulle tele. Senza concedersi a decorazioni superflue, i temi a lui cari sono prevalentemente la luce naturale dell’alba e del tramonto, la sua maniera è tranquilla, la sua “maestra” è la concretezza della pittura dal vero.
Testi: Cecilia Iacopetti
© Studio d’Arte dell’800