Nato a Livorno si forma, giovanissimo, nello studio del livornese Giuseppe Baldini; nel 1846 si trasferisce a Firenze e sceglie la scuola di Giuseppe Bezzuoli, presto abbandonata, a favore dell’Accademia di Belle Arti, che frequenta tuttavia con irregolarità. Tra 1848 e ’49 Giovanni Fattori trascura l’attività pittorica – pochi esempi dei suoi primi lavori sono giunti fino a noi – e, pur non partecipando attivamente alla guerra d’indipendenza, s’impegna nella diffusione della stampa clandestina in Toscana.
Nel 1853 è tra i frequentatori del Caffè Michelangelo, dove approfondisce la conoscenza delle tendenze artistiche contemporanee; tra 1853 e ’54 sperimenta la pittura dal vero, insieme al pittore torinese Andrea Gastaldi. Nel 1855 Giovanni Fattori partecipa per la prima volta alla Promotrice fiorentina con il quadro “Ildegonda”, tratto da una novella di Tommaso Grossi, esempio della pittura di soggetto storico-letterario e d’ispirazione romantica caratteristica del suo primo periodo, che culmina con la “Maria Stuarda”, realizzato tra 1858 e 1860. Nel 1859 torna al lavoro dal vero, dipingendo piccole scene di vita militare ammirate dal pittore romano Nino Costa, che lo incoraggia ad applicare la sua innovativa sperimentazione di colore-luce alla pittura en plein air, superando la pittura di storia.
La sua attività artistica si fa in questi anni più intensa: nel ’61 vince il concorso Ricasoli con il dipinto “Dopo la battaglia di Magenta”; alla Promotrice del 1864 espone quattro opere. Decide intanto, per aiutare la moglie malata di tubercolosi, di tornare a vivere nella città natale. Sono questi gli anni di alcuni eccezionali ritratti come quello della cognata e quello della cugina Argia. Continua tuttavia a dipingere anche soggetti militari, fino alla fine degli anni Sessanta, quando si volge decisamente alla pittura di paesaggio, nel 1866 dipinge la bellissima “Rotonda di Palmieri”, dove è ormai il colore a determinare la struttura dell’opera. Nel 1867, dopo la morte della moglie, Giovanni Fattori è ospite di Diego Martelli a Castiglioncello, dove lavora intensamente; dal 1869 insegna, come incaricato, all’accademia di Firenze. Al 1972 risale un viaggio a Roma, nel 1875 è a Parigi con Francesco Gioli, Ferroni e Niccolò Cannicci.
Negli anni Settanta si verifica una decisa svolta verso una solida costruzione degli spazi, priva di ogni traccia narrativa, evidente in quadri come “Riposo” o “In vedetta”. Negli anni Ottanta Giovanni Fattori si interessa soprattutto a soggetti campestri, soprattutto le mandrie, i cavalli, i butteri della Maremma. L’attività di Fattori si mantenne costante fino all’ultimo, tra la stima e l’amicizia di colleghi e allievi, anche se per ritrosia e timidezza, lontano dal riconoscimento del grande pubblico.
Testi: Gioela Massagli
© Studio d’Arte dell’800