Nato in Toscana, dopo gli studi alla Scuola Tecnica di Cortona giunge a Roma nel 1899, dove frequenta la Scuola libera del Nudo all’Accademia e i corsi serali di disegno a Villa Medici. Stringe amicizia con Boccioni, Corazzini, Cambellotti, con i quali condivide l’interesse per le idee socialiste e la filosofia e, insieme a Boccioni, frequenta lo studio di Giacomo Balla, che li introduce alla tecnica divisionista. Nel 1905, dopo l’esclusione dall’esposizione degli Amatori e Cultori, organizza con Boccioni, nel foyer del Teatro Costanzi, la Mostra dei Rifiutati.
Nel 1906 Severini è a Parigi, dove entra in contatto con gli esponenti dell’avanguardia, tra i quali Modigliani, Juan Gris, Braque e Picasso, oltre ai poeti Max Jacob, Guillaume Apollinaire e Paul Fort, del quale nel 1913 sposerà la figlia. Non interrompe tuttavia i suoi rapporti con l’Italia e, sollecitato da Filippo Tommaso Marinetti, firma il Manifesto Tecnico della Pittura Futurista dell’aprile 1910, anche se in seguito preciserà di sentirsi affine alle teorie francesi sulla divisione del colore, di discendenza seurattiana, più che all’ “estetica della macchina”, propugnata dal Futurismo italiano.
Nel febbraio del 1912 Gino Severini partecipa alla mostra dei futuristi alla Galleria Bernheim-Jeune, poi a quella di Londra nel 1913; nello stesso anno allestisce due personali alla Marlborough Gallery di Londra e alla galleria Der Sturm di Berlino. Parallelamente s’interessa alla sperimentazione cubista, pur mantenendosi fedele ad una rappresentazione dinamica dell’oggetto, come dimostrano le note figure di danzatori.
Tra 1913 e 1914 Severini, con la moglie Jeanne Fort, vive in Italia, ma torna a Parigi allo scoppio della prima guerra mondiale. Risalgono a questi anni i quadri ispirati alla guerra, d’ispirazione cubo-futurista, esposti nel 1916 in una personale alla Galleria Bernheim-Jeune. Avvia in questo periodo la ricerca di un metodo scientifico di rappresentazione artistica, influenzato da Ozenfant e dal purismo formalista, ma soprattutto manifesta un precoce interesse per il recupero della grande tradizione rinascimentale e la riproposta di un nuovo classicismo, come dimostrano i quadri “Maternità” e “Ritratto di Jeanne”.
Nel 1919 firma un contratto con il mercante parigino Rosemberg e cura il secondo numero della rivista “Valori Plastici” di Mario Broglio, dedicato interamente alla situazione francese; scrive inoltre una monografia su Manet nella collana di “Valori Plastici” dedicata all’arte moderna. Nel 1921 Gino Severini pubblica il saggio Du cubisme au classicisme, e nel medesimo anno, affresca una sala del castello di Montegufoni, nella campagna toscana, con soggetti, rigorosamente figurativi, tratti dalla Commedia dell’Arte, nei quali applica teorie di equilibrio e armonia classici, connessi ad uno spirito geometrico e matematico. Nel 1923 è presente alla Biennale romana; nel 1929 partecipa alla seconda mostra del Novecento italiano, mentre figura solo nel catalogo della prima (1926). Nello stesso periodo si avvicina, con Jacob, Cocteau, Denis, all’espressione dei valori religiosi nell’arte, affresca la chiesa di Semsales, nel cantone di Friburgo e la chiesa di La Roche.
Nel corso degli anni Trenta continua ad eseguire cicli decorativi di soggetto sacro; si dedica all’attività di scenografo per il Maggio Musicale Fiorentino e per La Fenice di Venezia e all’illustrazione dei testi di amici letterati come Paul Fort e Paul Valere. Gino Severini partecipa alle Quadriennali romane del 1931 e del 1935 ed è presente nella sala degli italiani a Parigi alla Biennale di Venezia del 1932. Negli anni successivi vive tra la Francia e Roma. Dopo la guerra, è tra i maestri riconosciuti delle nuove generazioni.
Gino Severini muore a Parigi il 26 febbraio 1966.
Testi: Gioela Massagli
© Studio d’Arte dell’800