La famiglia di Ettore Tito, nato a Castellammare di Stabia nel 1859, si trasferisce a Venezia nel 1867. Nel 1871 il giovane si iscrive all’Accademia di Belle Arti e termina con successo gli studi nel 1876. Abilissimo nel disegno, Ettore Tito ha una mano fluida e vitale, è versatile e ricettivo, ama i maestri del passato, Tiepolo in particolare. Si dedica fin dagli esordi alla pittura dal vero, alla figura e al paesaggio, prendendo a soggetto la città di Venezia, con i suoi tipici scorci e la gioviale popolazione che la vive. Durante la sua carriera artistica Tito offrirà al suo pubblico un personale e vivace spaccato, ricco di vita e di colore, della magnifica città lagunare: mercati affollati, chiacchiere tra popolane, ponti, gondole e canali. Le vedute di Venezia famose e ricercate all’estero fin dal secolo precedente, sono comunque elaborate da molti altri pittori contemporanei, sia veneti (il compagno di studi Fragiacomo, Favretto, Milesi) e sia stranieri (Eugenio Van Blaas, Ludwig Passini, ecc).
Nel 1882, appena ventitreenne partecipa all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Brera con Fondamenta di Venezia. Il 1886 registra la sua prima partecipazione a una mostra all’estero (Berlino). Nel 1887 partecipa e vince un premio all’Esposizione Nazionale di Venezia con Pescheria vecchia, dipinto oggi disperso. Verosimilmente tramite l’appoggio del maestro Pompeo Molmenti, Tito entra nei salotti veneziani (Conti Papadopoli), dedicandosi con esiti lusinghieri anche al ritratto.
Nel 1895 ottiene la cattedra di professore di figura all’Accademia veneziana, dove insegnerà fino al 1927, e partecipa alla prima Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia con due opere. All’importante manifestazione artistica, che gli fa conoscere interessanti pittori italiani ed europei (Boldini, Sartorio, Von Stuck, Anders Zorn, Albert Besnard, Joaquin Sorolla), Tito parteciperà assiduamente negli anni a seguire, ottenendo premi, come nel 1897, con il quadro Sulla laguna (vinto ex-aequo con Alessandro Milesi).
La sua pennellata tra fine Ottocento e i primi del Novecento si fa più mossa e fluida, diventa artista di respiro europeo, con la felice manualità di cui sa fare ottimo uso, affronta le grandi dimensioni, rappresenta le sue figure con taglio fotografico e ardito, le fissa con ritmo sulla tela rilevandone il movimento e la vitalità. Alle esposizioni, accanto ai solari e vivaci scorci veneziani, cominciano ad apparire opere di declinazione simbolista e composizioni allegoriche (ninfe al bagno, baccanali, centauri, dee) con un uso del colore ricco e suadente. I suoi dipinti, apprezzati da pubblico e critica, sono acquistati da collezionisti privati e da musei nazionali e stranieri. Si afferma anche nel mestiere di elegante e spigliato ritrattista della buona società. Celebre è la tela che rappresenta la moglie, dal titolo L’amazzone (1906).
Ettore Tito partecipare costantemente alle mostre (Vienna, Parigi, Monaco, Bruxelles, Milano, Roma, Buenos Aires, San Francisco) e alle biennali veneziane, che gli tributeranno due personali nel 1914 e nel 1936. Nel 1915 allontana la famiglia da Venezia, troppo vicina alla zona di guerra, e si trasferisce a Roma. Nella capitale, dove risiederà fino al 1919, riceve diverse commissioni, tra cui il ciclo di affreschi di Villa Berlinghieri. Nel 1919 alla nota Galleria Pesaro di Milano viene presentata una sua grande mostra personale e in quell’occasione il suo Autoritratto entrerà nella storica collezione di autoritratti del corridoio vasariano di Firenze; un’altra personale sarà allestita alla Galleria Pesaro nel 1928.
Nel 1929 Tito è uno dei primi artisti a essere nominato Accademico d’Italia e gli viene commissionata la decorazione dell’ampio soffitto, un tempo decorato dal Tiepolo, della Chiesa degli Scalzi di Venezia, danneggiata irreversibilmente durante la Prima guerra mondiale. L’artista, con fare tiepolesco, realizza e porta a termine nel 1933, una tela di cento metri quadrati che rappresenta La Gloria di Maria trionfante sull’eresia di Nestorio dopo il trionfo del Concilio di Efeso. Tito morirà nel giugno 1941 e sarà sepolto in una cappella della Chiesa degli Scalzi.
G.B.d.C.
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