Gli interessanti dipinti di questo pittore livornese vicino al divisionismo d’impronta grubiciana sono rari e quasi introvabili, e allo stato attuale, sono scarse anche le notizie che lo riguardano; le informazioni biografiche a tutt’oggi ancora coincidono con quelle fornite dal Comanducci (ad vocem, 1962, vol. 1, p. 390), in cui è annotato che Castaldi, nato a Livorno nel 1877, appassionato d’arte e pittore di ambito divisionista si trasferì a San Paulo in Brasile nel 1924, dove si stabilì senza fare ritorno in patria, morendovi nel 1956.
Nel 1958 i familiari vollero ricordare l’artista, organizzando a Bottega d’Arte una piccola mostra retrospettiva dei dipinti eseguiti a Livorno, di cui resta un succinto catalogo con una presentazione firmata da Riccardo Marchi (figlio dell’architetto e scenografo Virgilio). Marchi aveva conosciuto personalmente Ettore Castaldi nel memorabile Caffè Bardi (attivo dal 1908 al 1921), locale frequentato dagli artisti e letterati livornesi (e non) che erano soliti trascorrervi animate serate, condite di dibattiti culturali, d’attualità e anche politici. Dallo scrittore apprendiamo che il pittore aveva voce da basso, era assai robusto di costituzione e possedeva “un’anima tenerissima in un corpo da Buonarroti”.
Ettore Castaldi, ancora bambino, restò orfano e fu educato da uno zio che fin da giovane lo avviò al mestiere di scaricatore portuale. Il lavoro sul porto non gli impedì di seguire la sua vocazione per l’arte, alla quale, anni dopo, deciderà di dedicarsi totalmente.
Egli risentì del clima culturale radicatosi a Livorno agli inizi del Novecento e fu un seguace, come tanti altri giovani (Benvenuto Benvenuti, Adriano Baracchini Caputi, Eugenio Caprini, ecc.) della lezione del pittore e teorico del divisionismo Vittore Grubicy de Dragon. Marchi ricorda “con quale certosina pazienza” Castaldi si dedicava “a ricerche di colori e di effetto di luce…”, che lo conducevano a sperimentazioni di cui egli “nascondeva quasi i risultati con orgoglioso pudore”, visto che non ha mai partecipato a mostre collettive nazionali o provinciali. Nei primi anni Venti Castaldi divenne socio del noto Gruppo Labronico. Nel 1924 l’improvvisa partenza per il Brasile, che Marchi giustifica per le idee politiche dell’artista; Castaldi, “spiritaccio spericolato”, non tollerava la temperie del momento, e quando “l’atmosfera si fece irrespirabile” optò per sponde molto lontane.
Purtroppo non si hanno notizie della vita che Castaldi ha condotto dopo aver lasciato Livorno. I familiari nel 1958 affermavano che l’artista a San Paulo del Brasile “lavorò indefessamente, ma non è giunta fino a noi nessuna notizia esatta delle opere che esso potè realizzare”. Le opere che circolano attualmente sul mercato sono riferibili al periodo livornese.
Testi: G.B.d.C.
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