Gerardo, primogenito di quattro fratelli, nasce a Perugia nel 1884, il padre è un artigiano e la madre muore quando i figli sono ancora in giovane età. Gerardo frequenta le scuole elementari e da adolescente, mentre lavora nella bottega di un antiquario – restauratore, segue i corsi serali presso l’Accademia di Belle Arti della città natale. Per non pesare sulla famiglia, esegue lavori di decorazione murale e acquisisce piena padronanza della tecnica della tempera. Per questo motivo, tra il 1906 e il 1907, si trasferisce temporaneamente a Milano.
Rientrato a Perugia, continua a frequentare l’Accademia e s’introduce nell’ambiente artistico fiorentino, nel 1910 collabora con la rivista La Difesa dell’Arte diretta nel capoluogo toscano da Virgilio Scattolini. Nel 1909 invia all’VIII Biennale di Venezia un dipinto che non viene accettato dalla giuria e comincia ad interessarsi al futurismo attraverso la lettura di articoli su riviste e giornali. Nel 1911, su invito si presenta alla I Esposizione Nazionale Giovanile di Belle Arti di Napoli e frequenta con vivo interesse lo studio di Giacomo Balla a Roma. Si lega d’amicizia con il gruppo degli artisti romani vicini al Futurismo, al quale aderisce nel 1912 e nello stesso anno costituisce a Perugia il primo gruppo futurista umbro. Nel 1914 a Roma presso la Galleria Sprovieri partecipa alla I Mostra internazionale futurista, a fianco di Balla, Depero, Prampolini e altri noti esponenti del movimento.
Durante la I guerra mondiale è arruolato, ma continua a disegnare e a scrivere novelle e Parole in libertà. Finito il conflitto, rientra a Perugia e riprende a dipingere. Il 1920 è per lui un anno significativo che registra la sua prima personale inaugurata da Marinetti alla Galleria d’arte Bragaglia di Roma e l’uscita a Perugia di Griffa!, rivista che l’artista dirige insieme a Alberto Presenzini Mattoli. Una rivista futurista ideata per risvegliare la cultura artistica umbra con articoli su musica, arte, costume e letteratura che assume grande autorevolezza a livello nazionale anche per gli approfondimenti stilati da personaggi come Marinetti e Bottai. L’anno seguente Dottori espone nuovamente a Roma ed è tra i futuristi che si presentano in gruppo a Ginevra alla I Esposizione internazionale d’arte moderna.
Nel 1924 è presente alla XIV Biennale di Venezia con un paesaggio umbro che, legato per caratteristiche di costruzione e di concezione spaziale ai canoni del futurismo, come ricorda l’artista stesso fu “il primo quadro futurista ammesso dalla Giuria di accettazione della Biennale”, molto apprezzato dalla critica per il superamento del tradizionale concetto di orizzonte in una visione totalitaria e sintetica del paesaggio visto dall’alto. La tematica rurale, lo sguardo dinamico e moderno sulla natura primitiva e rigenerante e sul territorio agreste umbro sarà una costante personale dell’artista, rispetto alla tematica “urbana” generalmente preferita dagli altri futuristi. Anche nel periodo del secondo futurismo Gerardo Dottori resterà in una posizione originale e più contemplativa rispetto alle ricerche di andamento surreale seguite dal resto del gruppo; le sue dinamiche e originali aeropitture aleggiano di un sottile senso mistico, profondamente lirico.
Nel 1925 partecipa con diverse opere alla III Biennale Romana e si trasferisce nella Capitale, dove vivrà dipingendo e scrivendo d’arte per numerose testate giornalistiche fino a tutti gli anni Trenta. Nel 1926 espone con i futuristi alla XV Biennale di Venezia. Durante il 1927 e il 1928 si dedica alla pittura murale (Ristorante “Altro Mondo” di Perugia e Idroscalo di Ostia). Nel 1928 e 1929 in collaborazione con Giuseppe Fabbri si applica alla realizzazione di ceramiche futuriste faentine e crea anche piccole sculture d’intonazione primitiva; al Circolo della Stampa di Torino è allestita una personale dell’artista.
Nel 1929 firma il Manifesto dell’Aeropittura, insieme a Balla, Luigi Colombo (Fillia), Depero, Marinetti, Guglielmo Sansoni (Tato) e Mino Somenzi. Durante gli anni Trenta, Dottori partecipa regolarmente alle mostre del gruppo futurista e alle più importanti esposizioni nazionali. E’ tra i primi pittori a dedicarsi alla pittura sacra futurista, è premiato all’Esposizione d’arte sacra di Roma nel 1930. Riceve altri premi negli anni a seguire (Biennale di Venezia, 1932; Premio “Golfo di La Spezia”, 1933; Esposizione Universale di Parigi, 1937).
Nel 1939 affresca l’abside della Chiesa di Santa Maria Maggiore a Bettona in provincia di Perugia e torna a risiedere nella sua città natale dove, dal 1940 fino al 1947 insegna pittura ed è il direttore dell’Accademia di Belle Arti. Nel 1941 stila il Manifesto umbro dell’aeropittura e nel 1942 alla Biennale di Venezia gli è riservata una personale, dove espone 36 opere.
Nel dopoguerra Dottori continua a praticare la sua originale pittura futurista, dinamica, sintetica e serena. Partecipa a molte esposizioni collettive e inaugura numerose personali. Prende parte nel 1960 alla XXX Biennale di Venezia, dove viene allestita una storica mostra dedicata al Futurismo. Gli sono state riservate mostre antologiche a Perugia nel 1968, a Todi nel 1971, a Roma nel 1972 e a Trieste nel 1974. Muore a Perugia nel 1977.
G.B.d.C.
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