Fillide nasce a Firenze nel 1883, il padre è impiegato del Ministero delle Finanze. A sedici anni s’iscrive all’Accademia di Belle Arti e segue le lezioni di Giovanni Fattori alla Scuola Libera del Nudo, studia con Leonetta Pieraccini che abita a Poggibonsi e spesso si ferma a Firenze, ospite dell’amica Fillide.
Entrambe le giovani donne apprezzano la pittura di Giovanni Costetti, che frequenta la famiglia Giorgi. Fillide vuole affrancarsi dalla pittura tardo-macchiaiola e si rinnoverà in senso postimpressionismo e secessionista.
Nel 1904, due anni dopo la morte del padre, Filli termina gli studi, dipinge e comincia a esporre. Nel 1906 è presente alla Promotrice di Genova, partecipa a una mostra a Bologna, nel 1907 espone alcuni ritratti alla Società di Belle Arti di Firenze. Nel 1908 riprende con Leonetta a frequentare la Scuola Libera del Nudo dove conosce Ercole Drei e Domenico Rambelli, viaggia e visita musei in Italia e all’estero (Germania, Svizzera, Francia). Tramite Costetti, in quegli anni Fillide conosce Emilio Cecchi che nel 1911 si unirà in matrimonio con Leonetta Pieraccini e Arrigo Levasti (1886 – 1973) che da Modena giunge a Firenze per studiare filosofia. Il giovane, che Filli sposerà nel 1914, intrattiene rapporti di amicizia e interessi culturali con Giovanni Papini che nel 1906 ha fondato nel capoluogo toscano insieme a altri intellettuali (Vailati, Prezzolini, Calderoni, Giuliano) la “Biblioteca filosofica”. Scuola di pensiero che, animata da spirito antipositivista, coltiva studi filosofici e religiosi. Levasti collabora con Papini, scrivendo articoli per il “Bollettino filosofico”, poi scriverà anche per “La Voce”, “Lacerba” e la pistoiese “La Tempra” di cui sarà direttore del 1917 al 1920.
Nel 1914 Filli partecipa alla II Esposizione della Secessione romana, va a vivere col marito in Viale Milton sopra lo studio di Costetti e della scultrice Evelyn Scarampi, che diventerà sua grande amica. Nel 1915 è invitata alla III Esposizione della Secessione romana, dove presenta tre opere scelte in accordo con Galileo Chini. In questi anni, l’artista tesa a una sintesi compositiva, esegue brani pittorici solidi e lineari con un uso del colore prezioso e intenso, costruttivo.
Nel 1916 Arrigo, chiamato alle armi, si sposta a Roma, e Fillide, che si cura delle sorelle dalla salute malferma, vive tra Firenze e Montepiano. Tramite l’amica francese Bertrand riesce a vendere alcune acqueforti; conosce la pittrice toscana Vittoria Morelli che la introduce nell’ambiente artistico romano (Carlo Socrate, Armando Spadini) che anche Arrigo, residente nella capitale, frequenta. I coniugi Levasti si legano di amicizia con il musicista romano Vittorio Gui che nel 1928 si trasferirà a Firenze per lavoro e che nel 1933 diventerà il direttore d’orchestra dell’allora nascente Maggio musicale fiorentino.
Nel 1920 Filli ottiene notevole successo con cinque opere che invia all’Esposizione internazionale di Ginevra, partecipa alla I Biennale romana e, su invito, alla I Esposizione del paesaggio italiano sul Garda. L’anno dopo Enrico Prampolini la fa partecipare all’Esposizione d’Arte Italiana d’Avanguardia che ha organizzato a Praga e poi a Berlino, dove le saranno rubati due dei dipinti esposti. Nel 1922 Arrigo e Filli si recano a Berlino per recuperarli, in questa circostanza fanno amicizia con Oskar Gehrig e sua moglie che da allora si adopereranno per far conoscere l’artista fiorentina in Germania.
La poetica pittorica di declinazione intimista di Filli si consolida, il suo narrato si fa sempre più personale, permeato di un’assorta visione della realtà semplice e quotidiana, sottilmente affabulante. Il suo repertorio tematico si concentra, con un tocco di magia, su uomini e donne che conducono una piana esistenza nelle loro abitazioni e nel borgo, sui giostrai e sui saltimbanchi che allietano le campagne, sulle piazze del mercato di paese fitte di avventori tra bancherelle e ambulanti con fresche derrate.
Filli continua a partecipare a mostre nazionali (IV Concorso Ussi, Fiera d’Arte fiorentina nel 1924) e internazionali (nel 1925 a Berlino, nel 1927 al Salon des Indipendents di Parigi) con premi e segnalazioni lusinghiere. Nel 1928 è invitata alla Mostra degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma, dove le è acquistato il dipinto Piazza Indipendenza per la Galleria Mussolini. I coniugi Gehrig, collezionisti e intermediatori, vendono le sue opere in Germania e, tramite il loro appoggio, nel 1929 Fillide può presentare venti dipinti a olio e numerose acqueforti alla mostra allestita al Kunstverein di Monaco di Vestfalia, con successo di vendite e di critica. Nello stesso anno riceve testimonianze di successo anche da parte della critica italiana, in occasione della mostra personale realizzata a Firenze nel Palazzo Antinori. Negli anni Trenta continua a elaborare composizioni legate alla vita semplice e quieta che giornalmente si snoda nei quartieri, nei parchi, nelle case popolari. Nel 1935 muore la cara amica Maria, moglie del compositore Vittorio Gui, e i coniugi Levasti si avvicinano ancor più alla loro figlia Oriana, sposata con il maestro Fernando Previtali, che diverrà un grande collezionista di Fillide. Sono anni in cui i Levasti fanno vita piuttosto ritirata, amici da lunga data di Pietro Calamandrei, ne condividono il pensiero e sono antifascisti. Sempre più saltuariamente Filli espone (nel 1936 a Firenze la mostra personale alla Saletta Rizzi e la collettiva a Milano presso la Galleria Gian Ferrari, nel 1937 una collettiva a New York, nel 1938 a Vienna e Pittsburgh). Durante la seconda guerra mondiale si dedica principalmente al disegno, dal 1947 ricomincia a lavorare e a partecipare a esposizioni locali e internazionali (Firenze, Kansas City, Londra, Roma). Nel 1959 l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze allestisce una sua importante personale, raccogliendo più di settanta opere. Negli anni Sessanta viene colpita da una grave paralisi che le impedisce di lavorare e si spegne nel 1966.
Nel 1988 va alle stampe una puntuale e compiuta monografia sull’artista a cura di Vinca Masini (v. Fillide Levasti 1883 – 1966, Firenze 1988).
Testo: G.B.d.C.
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