Arturo Checchi nasce a Fucecchio nel 1886. Fin da giovanissimo manifesta una viva inclinazione per il disegno e inizia ad apprezzare ed amare le opere dei Maestri del rinascimento che Torello Bandinelli, suo insegnante alla scuola professionale del paese natio, incoraggiandolo sulla strada dell’arte, gli fa conoscere attraverso fotografie e incisioni ottocentesche. Dodicenne, con una sorprendente precisione di segno, Checchi copia quegli artisti quattrocenteschi che di lì a poco – trasferitosi a Firenze – non si stancherà di ammirare e copiare dal vero.
A sedici anni comincia a seguire il corso di Ornato e Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove insegnano Giovanni Fattori, Adolfo de Carolis e Armando Spadini, artisti che segnano la sua formazione. Frequenta l’Accademia fino al 1905, nel frattempo ha stretto amicizia con Lorenzo Viani, compagno di corso in quegli anni, con Oscar Ghiglia e con Giovanni Costetti dai quali è introdotto nello stimolante ambiente culturale de “La Voce”; è in rapporti familiari con il collezionista Gustavo Sforni e con il critico d’arte Ugo Ojetti.
Nel 1909 Galileo Chini, che è impegnato nella decorazione della cupola del padiglione d’ingresso della VIII Biennale di Venezia, invita il giovane Arturo a collaborare con lui nell’impresa. Nel 1912 espone tre opere alla “Mostra dei Bozzetti”, indetta dalla Promotrice Fiorentina, dove, l’anno seguente, presenta il dipinto “Fondo blu” suscitando interesse, specialmente tra i giovani. In quegli anni intraprende un proficuo viaggio – studio in Germania (1911 – 1913), dove conosce la pittura secessionista e in particolare quella espressionista; inoltre visitando importanti eventi espositivi, approfondisce la conoscenza di artisti come Gauguin, Cézanne e Van Gogh, di cui già in ambito fiorentino aveva potuto ammirare dal vero alcuni dipinti presso i rari collezionisti locali. Rientra dalla Germania lasciandosi alle spalle un matrimonio rapidamente naufragato con la pittrice tedesca Charlotte Reider.
Tornato a Firenze, Checchi vive a stretto contatto con gli artisti locali ma è autonomo e indipendente, e non sentirà mai l’esigenza di legarsi a gruppi o scuole. Lavora intensamente e presenta al pubblico le sue opere, ottenendo le prime soddisfazioni: nel ’14 alla Secessione Romana la sua opera “Coperta rossa” è acquistata dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma, mentre “Orti fiorentini” entra a far parte della collezione di Ugo Ojetti. Da allora l’artista parteciperà a numerosi eventi espositivi nazionali (Biennali di Venezia, Biennale, Secessioni e Quadriennale di Roma, sindacali umbre e toscane), sarà presente a manifestazioni artistiche internazionali (Praga, Berlino, Parigi, Bordeaux, Zurigo, New York) e a concorsi di pittura, ottenendo riconoscimenti ufficiali ed anche premi (Concorso Ussi, Secessione Romana, etc.) sia con la produzione in bianco e nero sia con i dipinti ad olio.
Checchi non può dedicare tutto il suo tempo alla carriera artistica, e per vivere è seriamente impegnato anche nell’insegnamento. Dal 1925 viene chiamato alla Cattedra di Pittura dell’Accademia di BB. AA. Di Perugia, dove tra gli allievi – dai quali sarà sempre e unanimemente apprezzato per le sue doti umane e didattiche – incontra la giovane Zena Fettucciari, che sarà la donna della vita e diventerà sua moglie nel 1930. I due pittori saranno sempre uniti da un forte legame d’amore e da una intensa condivisione artistica. All’Accademia perugina Arturo Checchi insegnerà per più di un decennio ma incontrerà non poche difficoltà, nell’ambiente di lavoro e per ragioni politiche, tanto che nel 1938 il rapporto di lavoro sarà bruscamente interrotto. Checchi si trasferirà a Milano e insegnerà Figura disegnativa All’Accademia di Brera dal 1939 al 1942; poi passerà all’Accademia di BB.AA. di Firenze, dove dal 1945 al 1949 coprirà la cattedra di pittura.
Arturo Checchi pittore, disegnatore, scultore, incisore continuerà a lavorare intensamente e ad esporre fino alla morte che lo coglierà a Perugia il 24 dicembre del 1971.
Testi: Gioela Massagli
© Studio d’Arte dell’800