Elin Danielson nasce il 3 Settembre 1861 a Norrmark, piccolo villaggio vicino a Pori nel golfo di Bornia. Le famiglie del padre Karl e della madre Amalia Rosa Gestrin sono di origine svedese, da alcune generazioni stabilitesi in Finlandia. Elin trascorre l’infanzia in campagna, nella fattoria di famiglia. Nel 1872 viene improvvisamente catapultata nella dura realtà della vita con l’evento drammatico del suicidio del padre, piccolo proprietario terriero, che lascia la moglie e le piccole Elin e Rosa (Titty) in compromesse condizioni economiche. Le tre donne potranno comunque sempre contare sul sostegno vigile e affettuoso di Mauritz Gestrin, fratello di Amalia, che sarà di appoggio per Elin anche negli anni italiani. Egli infatti gestirà in Finlandia i quadri della nipote e quelli di suo marito Raffaello, segnalerà a Elin i programmi e gli eventi culturali finnici ai quali partecipare e si adopererà per vendere la loro produzione. La Danielson dall’Italia, grazie al costante interessamento dello zio materno, non mancherà mai dalle mostre più significative allestite in Finlandia.
Fin da bambina, Elin rivela una naturale inclinazione per l’arte, pertanto nel ’76 la giovane si trasferisce ad Helsinki, e sotto la protezione degli zii Mauritz e Clara, frequenta la scuola di Disegno della Società d’Arte Finlandese, dove apprende disegno antico, paesaggio e prospettiva; nel gruppo degli insegnanti si registra la presenza di Carl Eneas Sjöstrand e Hjalmar Munsterhjelm (1840 – 1905), noto artista formatosi a Düsseldorf, paesaggista di successo anche se poco originale. Contemporaneamente, in funzione di un rapido inserimento nel mondo del lavoro, Elin studia pittura applicata alla porcellana da Fanny Sundblad, ottima insegnante che si era fatta una preparazione diretta nelle manifatture di Sèvres e di Copenaghen. Dal ’78 la Danielson segue i corsi dell’Accademia di Adolf Von Becker, scuola privata di pittura, dove apprende la tecnica ad olio, si esercita a lungo sulla figura e sulla natura morta, e a riprodurre su tela oggetti di materiali diversi (vetro, tessuti, porcellana, metalli). Elin, vivamente motivata, si distingue per la serietà e l’impegno con i quali affronta ogni materia, lavora con determinazione e progredisce, raggiungendo un’ottima padronanza tecnica e risultando in assoluto tra i primi allievi dell’Accademia.
Nel 1880 Von Becker fa debuttare l’allieva diciannovenne con una mostra improntata sul lavoro figurativo al quale si è dedicata durante gli anni accademici. Nella stessa epoca, Elin riesce a diplomarsi maestra di disegno per le scuole superiori. D’altronde l’indipendenza economica a cui necessariamente aspira, è senz’altro raggiungibile più con la strada dell’insegnamento che seguendo i complessi e raramente proficui percorsi della carriera di “artista”. Elin Danielson è una creatura dal carattere forte, indipendente e grintosa, riesce a mantenersi realizzando su ordinazione decorazioni in porcellana e dando lezioni di disegno, ma non sente affatto il richiamo pedagogico, mentre sempre più chiaramente l’arte rappresenta un punto fermo, la grande passione, il sogno della vita.
Nel 1883, una borsa di studio ottenuta dal Senato (alla quale altre ne seguiranno nell’84 e nell’88) le consente di abbandonare l’insegnamento e di raggiungere Parigi, città dove tutti i giovani scandinavi ambiscono continuare a perfezionare gli studi. La Danielson, che ama stare tra la gente e conoscere persone stimolanti, si integra rapidamente con la nutrita colonia di artisti nordici insediati a Parigi (Edelfelt, Gallén, Schjerfbeck, Rönnberg, Westermarck, Järnefelt, etc.), frequenta i corsi di pittura dell’Accademia Colarossi, dove insegnano Gustave Courtois e Raphäel Collin, artista legato all’ambiente del naturalismo imperante. All’Accademia, dove i modelli sono ottimi, gli allievi seguiti in modo intelligente e lo spirito alto, Elin studia dalle otto alle diciassette, applicandosi a fondo e per la prima volta allo studio del nudo. Parigi la esalta e stimola la sua ansia di conoscenza, studia i maestri del passato ed osserva il presente, frequentando ripetutamente i Salons. È ben inserita anche nell’ambiente del naturalismo francese, l’amica scultrice Sigrid af Forselles la introduce nell’atelier di Auguste Rodin, dove apprende anche qualche rudimento di arte plastica. Nell’estate dell’84 raggiunge la Bretagna, dove resterà fino alla primavera dell’85. Lavora a Pont-Aven e a Concarneau, ha modo di conoscere il più influente personaggio del naturalismo pittorico francese, Jules Bastien-Lepage. In Bretagna si applica continuativamente al plein-air, giungendo a risultati di tutto rispetto, il contatto con la natura e con l’insigne Maestro la inducono a schiarire la tavolozza, fino ad allora improntata sui blu e sui bruni, e comincia a sviluppare un particolare interesse per la luce.
Nell’86 la Danielson rientra in patria e si divide tra Norrmark, Helsinki e Önningeby, piccola località nell’Isola Mariehamn nell’arcipelago Aland dove l’artista Victor Westerholm ha raccolto, per operare in gruppo, un bel numero di giovani talenti finnici, ai quali se ne aggiungono anche alcuni svedesi. La vitale, affiatata colonia artistica fa notizia ed è seguita anche dalla cronaca. Dal 1887 Elin comincia a raccogliere i primi successi espositivi e a conquistarsi una certa notorietà con i ritratti femminili. La sua produzione mostra un grande mestiere, ma anche una notevole capacità di vedere il mondo con un’ottica personale; mentre si consolida la sua posizione in difesa della donna, le sue opere sempre un po’ più apertamente contestano convenzioni borghesi ed esaltano il ruolo femminile nella società contemporanea. Nel 1888 torna di nuovo a Parigi con una borsa di studio, allarga il cerchio delle conoscenze, e frequenta Puvis de Chavannes, artista carismatico anche per l’ambiente simbolista scandinavo e nell’atelier Bouvet conosce Alfred Roll. Dell’88 è l’avvincente ritratto, eseguito all’amica Hilma Westerholm con il quale vince la medaglia di bronzo all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Nel 1890 è di nuovo in Finlandia, dove intreccia una relazione con lo scultore norvegese Gustav Vigeland al quale resterà legata cinque anni. Per potersi mantenere si dedica sempre all’insegnamento di disegno, ma lavora anche intensamente, realizzando paesaggi di sapore finnico e quadri d’ambiente che spesso provocano reazioni di indignazione nel pubblico e nella critica. Dal 1891 al 1895 Elin si divide tra Parigi e la Finlandia, viaggiando sovente e soggiornando nelle grandi città europee (Copenaghen, Berlino, Pietroburgo, Venezia, Firenze, etc. ).
La visita del 1895 in Italia suscita l’interesse e la curiosità dell’artista che, ottenuta una borsa di studio, nel gennaio del 1896 ritorna a Firenze per studiare i grandi maestri della tradizione e con la segreta speranza di entrare all’Accademia. Nell’estate si reca ad Antignano per prendere le bagnature e sul mare avviene il fatidico incontro con il giovane allievo di Fattori, Raffaello Gambogi che nel ’95 aveva vinto il Premio Unico della Società di Belle Arti di Firenze con “Emigranti”. I due poco dopo si fidanzano e nel febbraio del 1898 si sposano con un permesso speciale del Papa, perché Elin è protestante. Un mese dopo sono già installati a Torre del Lago, dove alloggiano in una piccola casa su due piani fornita di giardino e di un orto che viene coltivato secondo l’uso nordico personalmente da Elin. A Torre vivono nell’ambiente artistico formatosi intorno a Giacomo Puccini, già frequentato da Gambogi negli anni precedenti. Una grande operosità ed una comune inventiva caratterizzano i primi tempi di unione degli sposi che ottengono premi e conferme critiche. Gambogi presenta alla Festa dell’Arte e dei Fiori di Firenze (1896 – 1897) il lodatissimo dipinto “All’ombra”. Nel 1899 alla Società di Belle Arti di Firenze la Danielson espone “Estate”, dipinto acquistato da Re Umberto per 4.000 lire, nello stesso anno è accettata alla Biennale di Venezia con “Sera d’Inverno” dipinto che espone nella sala degli “artisti italiani non appartenenti ad alcun sodalizio”; Elin è la prima artista finnica ad essere ammessa alla prestigiosa esposizione e la presenza ai due eventi espositivi è per lei un buon mezzo per farsi conoscere anche in Italia. Nel 1900 sempre a Firenze è premiata con medaglia d’argento per il bellissimo “Autoritratto”, a Parigi riceve la medaglia di bronzo con “Madre” e “Nella vigna”, dipinto acquistato dal Museo di Turku in Finlandia.
Nell’autunno del 1899 Elin a Torre del Lago contrae il tifo e le viene consigliato di cambiare aria, per cui i coniugi decidono di trasferirsi ad Antignano. Nel 1900 Elin va a Parigi per ritirare la sua medaglia. Raffaello ha l’opportunità di raggiungerla e di visitare il Salon perché alla Promotrice è riuscito a vendere due quadri ed ha ottenuto un premio in denaro (500 lire). Alla fine dell’anno Elin ospita a Livorno l’amica pittrice Dora Wahlroos che malauguratamente intreccia una relazione con Gambogi, mettendo in crisi il matrimonio, nascono le prime grandi incomprensioni e si parla di divorzio. Nell’estate del 1901 i Gambogi intraprendono un viaggio per l’Europa e raggiungono la Finlandia; ad Helsinki, dove hanno portato i quadri realizzati in Italia, i coniugi partecipano in Ottobre ad una esposizione in cui hanno a disposizione un reparto tutto per loro, riscuotono un notevole successo. Gambogi proprio durante questo viaggio (l’unico grande viaggio che faranno insieme) comincia a manifestare i primi segni di squilibrio; tornano in Italia agli inizi del 1902 e il livornese, totalmente sfornito di senso pratico, tende ad appoggiarsi sempre più alla moglie e a delegarle ogni incombenza. Elin è costretta a risolvere questioni di ordinaria amministrazione e a sacrificare sempre di più il tempo da dedicare all’arte. Il matrimonio è ancora traballante, Elin non è riuscita a superare la crisi intervenuta a seguito dell’infedeltà del marito, è depressa, delusa e indecisa sul futuro. Alla fine dell’anno, senza il permesso del marito che avrebbe dovuto firmarle il passaporto, decide di partire e, passando prima da Londra e poi da Stoccolma, raggiunge infine la Finlandia.
Nell’Ottobre del 1903 espone a Turku, sul finire dell’anno decide di tornare in Italia nel tentativo di ricostruire una vita in comune con l’amato, infelice Raffaello. Nel 1905 i Gambogi prendono la decisione di trasferirsi a Volterra per tentare di riparare al sempre più grave stato mentale del livornese che viene curato nel nosocomio diretto dallo psichiatra Luigi Scabia. Fino alla fine del primo decennio del secolo i due artisti risiedono a Volterra, sono anni di solitudine, difficili e tormentati, vissuti sempre all’ombra della miseria, nei quali tuttavia continuano entrambi a dipingere, ed assai verosimilmente è proprio l’arte, col suo potere taumaturgico, a porre un freno all’affanno del loro vivere inquieto. Elin spesso rientrerà in Finlandia (1907, 1909, 1911) e avrà occasione di mantenere vivi i contatti familiari e i rapporti con gli artisti che avevano segnato gli anni impetuosi della giovinezza e della prima maturità, in particolare con Hilma e Victor Westerholm, coi quali da sempre è in corrispondenza epistolare. Il 1913 è l’anno che registra l’ultimo viaggio di Elin in patria, l’avvento della guerra non le consentirà più di tornare in Finlandia. Nel 1914 l’artista partecipa alla Biennale di Venezia con un “Autoritratto”, ma sono molti gli appuntamenti artistici segnati sul calendario della Danielson: esporrà a Milano (Esposizione Nazionale de Belle Arti del 1914 e del 1916, Permanente del 1915), a Firenze (Società di Belle Arti nel 1913, 1914, 1915 e 1918), a Roma (Società Amatori e Cultori di Belle Arti del 1914 e del 1915) ed anche a Livorno (1° Mostra di Arte Livornese, Bagni Pancaldi 1912 con “Interno”) dove, lasciata alle spalle Volterra, i coniugi si sono ristabiliti, dividendo il loro tempo tra Firenze e Antignano.
Colpita da una micidiale polmonite, Elin muore il 31 Dicembre 1919.
Testi: Giovanna Bacci di Capaci Conti
© Studio d’Arte dell’800