Da molti considerato il maggiore tra i post-macchiaioli, la prima formazione di Mario Puccini avviene all’Accademia di Belle Arti di Firenze dove, incoraggiato da Fattori, s’iscrive nel 1884. Tre anni dopo espone alla Società d’Incoraggiamento uno “Studio di testa”. Nel 1892, dopo il diploma, s’iscrive alla Scuola Libera del Nudo, ma, dopo breve tempo, inizia a manifestarsi quella depressione che, diagnosticata come vera e propria pazzia, lo porta al ricovero nell’ospedale psichiatrico di Siena, dove rimane fino al 1898. Della produzione di questi anni si hanno scarse testimonianze, tranne alcuni ritratti.
Fino al 1906 non riprende una regolare attività pittorica ed espositiva – fatta eccezione per la III Esposizione d’Arte di Livorno nel 1901, dove presenta un solo quadro, intitolato “Paese Gabbro” – e affianca il padre nella conduzione della loro trattoria. È solo nel 1907 che, allontanandosi dal controllo familiare, si trasferisce in Borgo Cappuccini, dove ricomincia a dipingere piccoli quadri dai colori violenti e si mantiene costruendo giochi per bambini e insegne per negozi. Nel 1908 inizia ad affermarsi nell’ambiente livornese e a vendere i primi quadri. Frequenta il famoso Caffè Bardi a Livorno, ritrovo di artisti e letterati, per il quale dipinge alcuni pannelli all’interno e dove, probabilmente, conosce il pittore Benvenuto Benvenuti e lo scrittore Pierotti Della Sanguigna.
Le nature morte risalenti ai primi anni Dieci mostrano l’attenzione di Puccini per l’accentuazione del dato visivo e del cromatismo, mentre nel 1911-12 un soggiorno a Digne, in Francia, presso un fratello, stimola la creazione di piccole tavolette dai colori più tenui (“Campagna a Digne”, “Mercato dei montoni”). Negli anni seguenti l’attività espositiva di Puccini si fa costante e la cerchia dei suoi collezionisti ed estimatori si accresce di nomi come Ugo Ojetti, Mario Galli, Gustavo Sforni che gli consentono di superare le difficoltà economiche dei primi anni e dal 1914, di soggiornare in Maremma, dove dipinge moltissimo.
Il 17 giugno 1920, al ritorno a Firenze dalla Maremma, è ricoverato all’Ospedale di Santa Maria Nuova, dove muore il giorno dopo, a causa di una tubercolosi che l’eccesso di lavoro all’aria aperta aveva rapidamente aggravato.
Testi: Gioela Massagli
© Studio d’Arte dell’800